Principi e Regole
"Se vogliamo parlare di politica, dobbiamo partire dai pregiudizi che noi
tutti, se non siamo politici di professione, nutriamo nei confronti della
politica .- Hannah Arendt”
Molte persone, donne e uomini, si sentono respinte dal modo d'essere dei
partiti. Da qualche tempo, poi, la distanza tra partiti e società sembra
essere avvertita più a sinistra che a destra. Paradossalmente, infatti, la
sinistra - e i Ds che della sinistra sono il partito più grande - appare
distante dal resto della società. Accade, secondo noi, perché i Ds (qui
parliamo del nostro partito) sono distanti dal resto della società. Nel modo
d'essere, di funzionare, di rappresentarsi, di pensarsi persino.
Il II congresso dei Ds deve discutere e decidere le correzioni necessarie a
ridurre quella distanza.
Le firmatarie e i firmatari di questo testo si impegnano a lavorare perché
le mozioni che si confronteranno al congresso e alle quali aderiranno (o non
aderiranno) in piena libertà, contengano alcuni princìpi e alcune norme sul
partito coerenti con la costruzione di una sinistra aperta, moderna, libera
e perché il tema della riforma del partito viva nel dibattito congressuale:
condividere forme e linguaggio è condizione perché la discussione, anche
aspra, sulle idee non produca rotture ma, al contrario, costruzione della
casa comune.
Sappiamo che il congresso dovrà affrontare molti temi. E che questi saranno
altrettanti argomenti che segneranno il nostro modo di fare e radicare nella
società l'opposizione al governo Berlusconi. Crediamo, però, che sia urgente
affrontare il tema del modo d'essere del partito per ciò che è: un aspetto
centrale della costruzione di una sinistra che compete, con la coalizione di
cui è parte, per il governo del Paese.
In tutta Europa, del resto, la costruzione di una sinistra competitiva e
moderna è passata per una discussione e una decisione sulla forma che i
partiti dovevano darsi segnando, ovunque, cesure nette con il passato di
quegli stessi partiti. Cesure rese possibili anche grazie all'alleanza che i
leaders dei partiti europei hanno stretto con le donne.
In Italia non è (ancora) accaduto nulla di simile. E' ora che accada.
In Italia, finora si è pensato di poter eludere il problema. Il risultato è
che, a fronte di una stagione di governo che ha visto il nostro partito
impegnato a tutti i livelli, il piatto della costruzione di un soggetto
adeguato a quella stessa esperienza piange. Piange a sinistra: i Ds sono al
loro minimo storico e, inoltre, sono percepiti dall'opinione pubblica come
un partito vecchio, di ex, come un partito nel quale si può solo essere
cooptati. E piange sul versante della coalizione: l'Ulivo ha fatto e fa
fatica a darsi un carattere di stabilità e permanenza.
Gli elettori, le eletrrici riconoscono nell'Ulivo il soggetto del
maggioritario: il competitore per il governo del Paese. Dentro l'Ulivo,
premiano quelle forze che si presentano con una maggiore vocazione a fare
coalizione.
Non accade per caso. E' il risultato della battaglia politica perché nel
nostro Paese si affermasse una moderna democrazia bipolare, competitiva. I
Ds sono stati protagonisti di quella battaglia: le forze che hanno dato vita
ai Ds sono state tra i soggetti promotori la stagione referendaria. E il
partito dei Ds ha scommesso - impegnando alla guida della commissione
bicamerale il suo segretario - sulla possibilità di un'autoriforma che
avvicinasse le istituzioni al senso comune favorevole alla democrazia
maggioritaria che si era affermato nel Paese.
La bicamerale è fallita. Gli ultimi referendum non hanno raggiunto il
quorum.
Il bipolarismo, però, si è affermato nelle scelte di voto delle donne e
degli uomini. Sarebbe grave se, ancora una volta, le forze politiche non
riuscissero a mostrarsi in sintonia con il senso comune del (loro)
elettorato e con questa specie di "autoriforma" istituzionale dal basso; se
si limitassero, cioè, a coltivare, ciascuna, il proprio spazio tradizionale.
Perciò riteniamo ineludibile la discussione sul tipo di soggetto politico
necessario sia per essere davvero parte della sinistra europea, sia per
essere davvero parte della coalizione dell'Ulivo.
Negli anni che abbiamo alle spalle, sono stati fatti molti tentativi di
rinnovare il partito. Da anni siamo in cammino verso un linguaggio che metta
in comunicazione il partito con i cambiamenti intervenuti in Italia e nel
mondo. Senza mai affrontare seriamente, però, il tema della forma e della
cultura politica necessarie a un soggetto che si candida al governo in un
sistema maggioritario.
Eppure, noi Ds contribuiremo a fare dell'Ulivo un soggetto permanente se e
solo se sapremo affrontare la discontinuità che la costruzione di una
sinistra aperta, plurale, moderna, adeguata alle sfide di oggi richiede
quanto al nostro modo di essere, di organizzarci, di interagire tra noi, di
arricchire gli strumenti della comunicazione.
Un partito chiuso, ostile e indifferente alla trasparenza e al rispetto
delle regole democratiche non ha senso, se non per un ristretto ceto
politico: nessuna, nessuno, nella società moderna di cui siamo parte, è più
disposto a sacrificare la sua libertà, la sua autonomia, la sua creatività
alle ragioni superiori di un futuro glorioso. Mentre molte, molti sono
disponibili a dedicare una parte del loro tempo alla politica e all'azione
pubblica se comprendono lo spazio e il senso della loro partecipazione: che
cosa si è chiamati a fare e perché, in virtù di quali meriti, a partire da
quali bisogni. Per fortuna, il riformismo - la necessità, cioè, di trovare
risposte nel presente - è un portato del nostro tempo.
I Ds hanno bisogno di aprirsi finalmente a questo cambiamento. Di diventare
luogo abitabile, frequentabile anche da chi, oggi, si guarda bene dal
varcare la soglia di una nostra sezione.
I Ds possono, devono scommettere sulla libertà, sulla creatività,
sull'intelligenza delle persone.
Delle donne, che negli ultimi vent'anni hanno cambiato radicalmente e per
sempre il loro modo d'essere e, quindi, quello di tutti.
Dei lavoratori del pensiero, attori di quella società della conoscenza che è
scommessa di libertà presente e futura.
Dei giovani globalizzati, cittadini del mondo ma insofferenti nei confronti
delle ingiustizie e dell'incertezza che una globalizzazione non governata
dalla politica porta con sé.
Delle giovani che considerano il lavoro una parte, ma solo una parte della
loro vita, che spesso non sono iscritte al sindacato, ma che non perciò
possiamo considerare fuori dalla cittadinanza e dalla nostra sfera di
interesse.
Delle persone meno giovani - lavoratori, pensionati - che sono iscritte al
sindacato, ma non riescono a fare politica nel partito.
Di chi - credente o non - nella sua vita quotidiana fa i conti con "grandi"
domande che attengono al rapporto tra scienza, etica, tecnica, fede, magari
a partire da "piccole" esperienze quotidiane, come la malattia propria o di
una persona cara, o il desiderio di maternità e paternità.
Di chi non si sente rappresentata da un sistema di tutela costruito attorno
a un maschio adulto, che svolge lo stesso lavoro dipendente per tutta la
vita.
I Ds possono essere una casa accogliente, aperta, libera. Per esserlo, però,
devono cambiare e molto
Lungi da noi qualunque idea di autosufficienza. Di più: crediamo che la
costruzione di una sinistra plurale, più grande, più utile e più in sintonia
con lo sviluppo dell'Ulivo, sia un progetto che sarebbe sciocco e
antistorico chiudere in un solo partito.
Ma lungi da noi anche l'illusione di poterci affidare semplicemente alla
costruzione di qualcosa di nuovo. Abbiamo alle spalle anni in cui una
promessa di contaminazione tra culture ed esperienze politiche si è
realizzata, quando è andata bene, solo nei termini di una spartizione di
potere. Il Pds, infatti, è diventato, con altri, Ds, senza che questa nuova
fondazione mutasse in nulla la struttura precedente, tanto che ancora
sentiamo parlare - e non potrebbe essere altrimenti - di "cofondatori";
tanto che ancora oggi esiste chi è "più iscritto" di altri, siano questi
altri i "cofondatori", appunto, o le donne, o gli iscritti a un'autonomia
tematica
Ci chiamiamo Democratici di sinistra. Non siamo un partito democratico.
Dobbiamo diventarlo. A cominciare da oggi. Da questo congresso. Dal modo in
cui rispettiamo, nell'iter congressuale, le regole che ci siamo dati e ci
daremo.
Dobbiamo operare una forte cesura con il passato. E' il contributo che la
sinistra di governo può offrire all'Ulivo. E' il lavoro che, insieme,
dobbiamo fare per rendere democratico e moderno il nostro partito e la
nostra coalizione.
La cesura, la discontinuità di cui parliamo attiene al modo di essere del
partito. E, dunque, al modo di concepire e radicare la coalizione.
La credibilità del progetto di costruzione di una sinistra e di un Ulivo più
forti e radicati nella società, non dipende dal fatto che a guidare questo
processo sia o non sia una leadership ex comunista, ex socialista, ex
democristiana; non dipende, insomma, dal passato della sua leadership, ma
dal nostro presente e dalla nostra capacità di futuro. E l'uno e l'altro
chiedono che vi sia una rottura evidente, leggibile rispetto al modo di
selezionare leadership e classi dirigenti nel Pci, nel Psi, nella Dc. E,
adesso, nel Pds e nei Ds..
Uno "spettro" si aggira nella nostra vita di partito: lo spettro del
comunismo.
Fra noi che firmiamo questo testo c'è chi ha militato nel Pci e chi no, chi,
nel Pci, era favorevole e chi contraria alla svolta da cui nacque il Pds,
chi ha seguito il processo di costruzione della sinistra da fuori, chi con
il comunismo non ha mai voluto avere nulla a che fare.
Ma fare i conti con quel fantasma riguarda tutti. Perché tutti abbiamo il
diritto di non essere considerati "post" qualcosa o cooptati dai
postqualcosa. Perché tutti abbiamo il dovere di dare conto del nostro
passato. Perché è giusto, salutare, che ci venga chiesta coerenza tra le
parole e i fatti. In democrazia - in qualunque luogo voglia dirsi
democratico - il metodo è sostanza. E non esistono fini superiori il
perseguimento dei quali giustifichi qualsiasi mezzo, anche la sospensione
della democrazia. Come non esistono "rivoluzionari di professione", uomini
(nel senso di maschi) ai quali è concesso tutto, magari in virtù di galloni
guadagnati a un tavolo di "battaglia" per le candidature.
Alcuni princìpi e alcune norme, tra quelle che proponiamo come esempio di
ciò che intendiamo per partito aperto, sono già contenute nello statuto dei
Ds approvato all'ultimo congresso. Altre non ci sono. Altre ancora ne sono
l'esplicitazione coerente, almeno dal nostro punto di vista.
ALCUNI PRINCIPI
1) Un partito moderno costruisce e rinnova continuamente le condizioni di
uguaglianza tra iscritte e iscritti. I Ds sono consapevoli che non esiste
più un solo modello - quello "generalista" - di partecipazione democratica.
2) Un partito politico non è un sindacato. I Ds sono un partito che
distingue nettamente la funzione dirigente dalla rappresentanza. Gli
organismi dirigenti non sono formati a partire da amicizie e fedeltà, ma a
partire dal princìpio “ una testa un voto” e dalle posizioni politiche
assunte nel dibattito.
3) Un partito moderno è un partito di donne e di uomini. Per i Ds la norma
che vieta la preponderanza di un sesso è esigibile a tutti i livelli della
vita di partito, nella selezione della rappresentanza istituzionale e della
leadership.
4) Un partito moderno è una casa trasparente. Ciascun iscritto, elettore,
elettrice, cittadina può, in ogni momento, chiedere conto - con diritto ad
avere risposta - delle scelte dei Ds sia sulle politiche sia sulla selezione
della classe dirigente.
ALCUNE REGOLE
1) I Ds sono un partito al quale si può aderire in quattro modi:
iscrivendosi a una sezione territoriale, iscrivendosi a un'autonomia
tematica, iscrivendosi a un'associazione di tendenza, iscrivendosi per via
telematica. Gli iscritti e le iscritte hanno tutti gli stessi diritti e gli
stessi doveri, indipendentemente dalla forma di adesione scelta.
2) Un anno prima delle elezioni, la direzione competente (provinciale,
regionale, nazionale) per quelle elezioni nomina un comitato per la
selezione delle candidature Ds per le liste proporzionali e per le proposte
da avanzare alla coalizione per i collegi uninominali. La commissione, nel
rispetto della norma antidiscriminatoria, è presieduta da un appartenente al
sesso in quel momento in minoranza. La commissione ha il compito di
presentare le proposte vagliando anche le autoproposte - la presentazione
delle quali è normata dai regolamenti - alla direzione entro sei mesi dalla
scadenza elettorale in modo da consentire, poi, lo svolgimento delle
elezioni primarie. Al livello immediatamente superiore, si stabilisce una
Commissione elettorale che ha il compito di garantire la pubblicità e la
regolarità delle procedure e di vagliare eventuali ricorsi, i cui termini
sono stabiliti dai regolamenti.
3) Sei mesi prima della scadenza elettorale, sono indette preferibilmente,
salvo motivato parere contrario della direzione, elezioni primarie sulla
base delle proposte del comitato e delle autocandidature. Lo svolgimento
delle primarie è normato dal regolamento del partito e dal regolamento di
coalizione. Nel caso in cui si decida di non svolgere elezioni primarie la
direzione competente elegge la propria delegazione al tavolo della
coalizione.
4) Per definire gli orientamenti del partito su questioni di rilievo e
assumere decisioni sul programma si convoca una Conferenza programmatica
annuale. La Conferenza è il contributo alla Conferenza programmatica
dell'Ulivo. L'ordine del giorno è stabilito dalla direzione su proposta
della commissione per il programma o da una percentuale di iscritti.
5) La commissione per il programma coordina e aggiorna continuamente il
programma del partito in stretta relazione con le strutture di base, le
autonomie tematiche, le associazioni di tendenza. E' composta da 50 membri
ed è presieduta da un appartenente al sesso in quel momento in minoranza.
6) La Commissione nazionale di garanzia, nel rispetto della norma
antidiscriminatoria, è presieduta da un appartenente al sesso in quel
momento in minoranza.
7) Le candidature alla segreteria del partito sono collegate a piattaforme
politiche e all'indicazione di un nucleo dirigente.
8) Su questioni ritenute rilevanti, la direzione (a tutti i livelli)
consulta le istanze di partito interessate (regionali, autonomie tematiche).
Il referendum tra gli iscritti è obbligatorio quando decisioni per le quali
è prevista la maggioranza qualificata vengano approvate dalla maggioranza
semplice della direzione. Il referendum, inoltre, può essere richiesto da
una minoranza qualificata di componenti la direzione (a tutti i livelli), di
iscritti, di istanze di partito (regionali, autonomie tematiche,
associazioni di tendenza).
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