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Un modello italiano per le biotecnologie


 
Le biotecnologie rappresentano un evento innovativo che ha molteplici implicazioni nel campo medico, agroalimentare ed ambientale.

La sfida delle biotecnologie
Le biotecnologie rappresentano un evento innovativo che ha molteplici implicazioni nel campo medico, agroalimentare ed ambientale.

La diagnosi genetica è, già oggi, utilizzata per determinare la predisposizione alle malattie. La ricerca sta tentando di utilizzare gli ogm per la creazione di cure e vaccini più efficaci. In questi campi i progressi sono rapidi e sono previsti ulteriori sviluppi nei prossimi anni.

I procedimenti biotecnologici possono, in prospettiva, essere applicati inoltre ai processi industriali per contribuire a ridurre l’impatto ambientale e migliorare la qualità della vita.

Le applicazioni biotecnologiche possono infine contribuire ad affrontare il gravissimo disagio dei paesi in sviluppo, costretti a subire il ciclo negativo di scarsa produttività, elevato impiego di prodotti chimici, desertificazione.

Tutte queste nuove acquisizione scientifiche frutto del lavoro di imprese, ricercatori, istituzioni nel campo della genetica e delle biotecnologie aprono scenari ed hanno con implicazioni economiche, sociali, giuridiche, etiche ancora poco comprese e per le quali urgono scelte politiche di indirizzo e di governo


La ricerca: ritardi e impegni politici

In Italia è ancora basso il livello di consapevolezza sulla importanza strategica delle biotecnologie ed in genere della ricerca, basti pensare che la percentuale del PIL dedicato alla ricerca a stento raggiunge l’1 %, una cifra che rappresenta meno della metà della media europea, meno di un terzo di quella statunitense o canadese e quasi un quarto di quella giapponese. In generale, l’investimento in ricerca, in Italia, sia da parte dello stato, sia da parte delle aziende è il più basso tra i paesi industrializzati. Le conseguenze si riversano sul numero di ricercatori: 32 ogni 10mila lavoratori, contro i 96 del Giappone, i 74 degli Stati Uniti o i sorprendenti 96 della Finlandia (rapporto Censis 2000); ma anche sul numero dei brevetti registrati annualmente: uno ogni 10 mila abitanti contro i 5,5 della Germania, o i 27 del Giappone. Ma oltre ai pochi brevetti registrati un’altra indicazione che l’Italia è in ritardo nel settore biotech è l’esiguità delle industrie: 46 contro le 270 della Gran Bretagna, le 140 della Francia, e le 85 della piccola Svezia; il divario aumenta se si considera che negli ultimi due anni ne abbiamo fondate 5 nuove contro le 80 della Gran Bretagna, a testimonianza del grande impegno del governo Blair in questo campo.

Eppure la ricerca, soprattutto quella pubblica e universitaria è fondamentale per le biotecnologie.

Lo Stato deve investire di più nella ricerca, ed in particolare nella ricerca biotecnologia.

Rafforzare la tendenza avviata con la finanziaria 2001, per rientrare in tempi rapidi nella media europea della spesa per la ricerca, è un impegno che assumiamo nei confronti del mondo scientifico.

Bisogna incoraggiare le collaborazioni a livello di ricerca multinazionale ed interdisciplinare; sostenere la partecipazione dell’industria, specialmente per le PMI, ai programmi di ricerca comunitaria, semplificando le procedure di richiesta e rendendo certi i tempi di erogazione.
Criteri di assegnazione dei fondi basati sul merito, infrastrutture efficienti, Università orientate anche ad un rapporto con le aziende, sono i criteri per formare, conservare e sfruttare le risorse umane che sono il bene indispensabile nella ricerca biotech.

Questo con la consapevolezza che il ruolo della ricerca pubblica potrebbe essere indirizzato a rendere disponibili le tecnologie biologiche per favorire e conservare le peculiarità e la biodiversità delle produzioni agricole locali, dotandole di quelle caratteristiche di competitività che altrimenti non avrebbero; sottrarre alle imprese multinazionali il monopolio della produzione per limitare la tendenza alla diffusione di pochi ogm. che portano alla omologazione delle produzioni agricole nazionali; favorire un’equa distribuzione dei vantaggi, più in generale intervenire per una diffusione "socialmente ed ambientalmente sostenibile" delle scoperte scientifiche.


Una “via italiana” della ricerca biotecnologia: scienza e trasparenza

Nei paesi industriali i processi biotecnologici interessano oltre un terzo dei settori manifatturieri. Le moderne biotecnologie, in particolare quelle legate all’ingegneria genetica, sono considerate questione emergente e di vitale importanza al pari dello sviluppo del commercio internazionale. Oltre 28 milioni di ettari, l’equivalente del territorio della Francia, sono coltivati, nel mondo, utilizzando sementi GM. L’industria biotecnologia impiega, negli USA, oltre 140mila persone per un investimento, con un fatturato di oltre 18 miliardi di dollari. Le scelte di paesi come l’India e la Cina, pressati da problemi di autosufficienza alimentare, che accelerano la ricerca e l’impiego delle biotecnologie, o degli USA che concentrano da soli oltre due terzi delle produzioni ogm mondiali innescano una scelta strategica che rischia di essere irreversibile per l’intero pianeta.

Di fronte a questo scenario, occorre individuare un ruolo per il nostro Paese. Vi è l’esigenza costruire una via italiana che porti allo sviluppo delle biotecnologie per superare gli attuali ritardi culturali e scientifici.

Nel Mediterraneo ed in Africa avanza la desertificazione e le crisi alimentari sono sempre più gravi. I paesi del Nord Africa cercano spazi di mercato verso l’Europa e adottano modelli di sviluppo agricolo orientati all’uso massiccio della chimica. Questo modello, al quale si associa il dumping sociale, rischia di creare una spirale perversa che apre contenziosi commerciali ma anche negativi impatti sulle fragili risorse di cui dispongono quei paesi, in primo luogo l’acqua ed il suolo.

L’Italia può offrire una valido sostegno a questi sistemi economici attraverso la promozione di progetti di formazione e di ricerca candidandosi a divenire il cuore del biotech europeo verso il Mediterraneo, in particolare valorizzando il patrimonio già indirizzato sulle biotecnologie sostenibili, orientando le risorse in direzione di una lettura, certificazione e brevettazione delle biodiversità.

Noi crediamo che si debba valorizzare questa intuizione e compiere scelte che assumano valore strategico.
Innanzitutto ci si deve porre l’obiettivo di triplicare entro la prossima legislatura i finanziamenti pubblici alla ricerca per portarli rapidamente alla media europea, con particolare riguardo (almeno un terzo dei finanziamenti) a programmi "mediterranei".
Questa proposta è parte di un patto che dobbiamo proporre al mondo scientifico in cui si sostiene con fondi crescenti la ricerca di base nei settori della genetica e delle biotecnologie e si chiede, al tempo stesso, ai ricercatori, di moltiplicare le occasioni di pubblicizzazione dei risultati delle proprie ricerche.
E’ necessaria una grande campagna di alfabetizzazione scientifica che veda il mondo dei saperi scientifici mobilitato. Un nuovo contratto sociale tra scienza, politica e società. In questo senso la ricerca pubblica rappresenta una garanzia per un controllo sociale sui risultati e l’applicabilità delle scoperte. D’altra parte dovremmo contribuire a stimolare anche nel mondo dei saperi scientifici più consapevolezza e responsabilità rispetto alle implicazioni delle proprie scoperte.

Valorizzazione della ricerca e della sperimentazione in agricoltura

Un ruolo importante il nostro Paese lo potrà assumere se saprà valorizzare ulteriormente la ricerca nel settore agricolo ed alimentare. Pur con gli scarsi mezzi gli istituiti di ricerca di università hanno svolto un lavoro molto significativo riconosciuto a livello internazionale.
La lettura genomica del patrimonio di biodioversità del nostro Paese è un punto fondamentale per caratterizzare le nostre strutture di ricerca, così come la possibilità di utilizzare o.g.m. su regni omogenei "vegetale su vegetale"; un indirizzo caratterizzato in questa direzione potrà aumentare la nostra conoscenza e competitività.
L'utilizzazione di o.g.m. nel food e nel non food è prioritariamente necessario gestirla in sede confinata qualora, occorre implementare la ricerca in altre sedi deve prevalere secondo il principio di precauzione la valutazione del caso per caso attraverso una valutazione progressiva del rischio scegliendo comunque aree monitorate, controllate, limitate per la sperimentazione.
Tutto ciò attraverso protocolli di trasparenza evitando contrapposizioni ideologiche e informando i cittadini.

Le pregiudiziali ideologiche hanno però su queste ed altre proposte, sinora impedito alla ricerca di trovare orientamenti comuni. La ricerca per sua natura ha bisogno di autonomia e libertà, ma tali scelte non possono essere effettuate da pochi nel libero arbitrio e fuori dal governo dell’interesse generale. Il nostro impegno è conciliare la libertà e l’autonomia della ricerca con l’interesse generale, evitando il ritorno a posizioni di arretratezza culturale in settori strategici.

La società civile non è più disposta ad affidare ciecamente nelle mani degli scienziati e delle industrie le proprie risorse naturali e la propria salute: questa è la novità di oggi.

A questo proposito, una questione appare non marginale: il ruolo che deve svolgere l’informazione per rispondere alle esigenze dell’economia e dell’etica.
Troppo spesso la ricerca non riesce a dialogare in modo costruttivo con l’opinione pubblica, e nemmeno con i governi che ne ignorano le potenzialità e ne colgono in modo distorto le realizzazioni.

Gli ogm sono comparsi nella catena alimentare, per esempio, praticamente senza che i consumatori sapessero che cosa fossero: questo ha provocato una reazione di rigetto di cui si pagano le conseguenze.

La condivisione degli obiettivi della ricerca da parte dell’opinione pubblica è fondamentale per lo sviluppo del settore delle biotecnologie.

Vi sono diffuse obiezioni all’utilizzo delle biotecnologie in agricoltura dal momento che esso è visto come una minaccia all’ordine naturale. Bisogna affrontare la paura nel nuovo, che è naturale e legittima di fronte alle implicazioni dirompenti dell’utilizzo delle biotecnologie, con l’umiltà di chi è disponibile a mettere in discussione consolidate certezze e radicali pregiudizi.

Promuovere e sostenere la ricerca e l’industria biotecnologia, informare, rendere partecipi e soggetti attivi i cittadini: sono queste le linee direttrici lungo le quali costruire un sistema di conoscenze e di laboratori agguerrito e competitivo, ma contemporaneamente al servizio dei cittadini, nel nome del diritto al sapere ed all’informazione.

I consumatori debbono essere informati perché possano compiere scelte motivate e consapevoli. Per questo, per esempio ai cibi provenienti o contenenti ogm dovranno essere applicati i principi sulla tracciabilità e sull’etichettatura, nonché il principio dell’introduzione per gradi dove la validazione avvenga caso per caso, attraverso una valutazione del rischio ambientale e del principio di precauzione.
La dichiarazione “esente da ogm” dovrà garantire la reale assenza di tali organismi.

Le istituzioni comunitarie debbono dare una risposta chiara alle diffuse preoccupazioni dei cittadini relative alla sicurezza alimentare e dell’ambiente.

Tutto questo sapendo che libertà di ricerca, governo politico dei processi e sviluppo di una imprenditorialità italiana del biotech sono parti di un unico disegno.

Un piano di sviluppo per l'impresa italiana nel Biotech
In Italia, sono presenti poli di eccellenza della ricerca biotecnologica sia in campo biomedico che farmacologico che alimentare, in assoluta maggioranza localizzati presso istituzioni pubbliche. Tuttavia, per il quadro descritto in precedenza, a fronte di un fatturato mondiale dei prodotti biotecnologici in crescita esponenziale, le prospettive di crescita in questo settore in Italia si prevedono modeste se non negative, e soprattutto esse appaiono determinante da flussi commerciali (importazioni) e non da produzione nazionale.
Le aziende medie e piccole del settore agro-alimentare, farmacologico, dei comparti interessati alla tutela dell’ambiente potrebbero ottenere enormi ricadute in termini di rendimenti e di sviluppo di medio-lungo periodo se in grado di attivare processi riguardanti l’innovazione biotecnologica. In particolare dovremmo avere la capacità di incentivare la nascita di nuove imprese, sull’esempio delle "New Biotechnology Firms" americane: un numero limitato di poche unità che insieme costituiscono un’azienda specializzata sulla produzione di una applicazione di una particolare tecnica o scoperta; a tale scopo può essere validamente utilizzato lo strumento dell’incubatore.
La costituzione di un circuito virtuoso tra enti di ricerca e aziende con la promozione di consorzi dovrebbe aiutare a superare il gravoso vincolo della inadeguatezza della disponibilità finanziaria pubblica nel campo della ricerca, l’arretratezza di investimenti produttivi nel settore del biotech che caratterizza la nostra economia, favorendo la nascita di piccole e medie aziende, e superando la ritrosia degli istituti finanziari ad investire in innovazione.
In tal modo verrebbe favorito, attraverso un controllo pubblico delle applicazioni in campo biotech, un approccio più consapevole da parte dei cittadini al tema, e verrebbe garantita la crescita dell’occupazione in un settore, quello della ricerca, dove precariato e disoccupazione intellettuale costituiscono nel nostro paese la norma.


La condivisione sociale delle tecnologie

Le moderne tecnologie hanno permesso all’agricoltura e alla medicina di raggiungere livelli di vita e di produzione senza precedenti. Oggi noi riscontriamo che ciò è avvenuto, talvolta, al prezzo di danni e contraddizioni ambientali, e soprattutto con un consumo di risorse oggi meno sopportabili dalla società.

Le tecnologie si sono, in sostanza, comportate secondo le intenzioni iniziali, ma hanno mostrato, nel tempo, di avere conseguenze sociali non previste.

E’ il dilemma del controllo, cioè della capacità di saper prevedere e prevenire gli effetti indesiderati delle tecnologie.

Controllare una tecnologia è difficile, se non impossibile, perché, nelle sue prime fasi, le sue dannose conseguenze sociali non possono essere previste abbastanza da giustificare il controllo del suo sviluppo: ma quando queste conseguenze sono evidenti, il controllo sarà costoso e lento.

Allora il problema chiave consiste nel trovare mezzi per evitare un’eccessiva dipendenza dalle tecnologie che ne renderebbe difficile il controllo.

L’essenza del problema non consiste nel prevedere le conseguenze sociali delle tecnologie quanto nel mantenere la capacità di modificarle anche quando esse sono pienamente sviluppate e diffuse, in maniera da eliminare o contenere ogni conseguenza sociale indesiderata.

Si tratta allora di capire quali sono gli ostacoli che si frappongono a questa libertà e capacità di controllo sulle tecnologie, ma anche alla libertà di sceglierle, cioè di modificarle, un giorno che sono conosciuti i loro limiti.

Gli sviluppi delle biotecnologie possono costituire un banco di prova eccezionale per le nostre capacità di combinare sviluppo, progresso scientifico e controllo delle tecnologie.

L’equilibrio tra efficienza ed equità è l’approccio utilizzato da Amartya Sen quando pone il sistema dei valori, soprattutto etici, come chiave di interpretazione dei fenomeni economici.

L’esistenza di diritti inviolabili, quali la giustizia, il benessere sociale, la tutela delle specie viventi e dell’ambiente, dovrebbe condizionare ogni scelta economica. Il primato dell’efficienza ha spesse volte relegato la giustizia sociale e l’equità in una posizione marginale: a questa contrapposizione non è certamente giusto sostituirne una di segno opposto.

Ogni cultura è contraddistinta da una sua morale, e quindi da una sua etica. Molti dei valori connessi al progresso tecnico non ricevono un’inequivocabile accettazione da parte della società, ma sono valori controversi, apprezzati in modo differente dai diversi soggetti sociali, anche per effetto del diverso livello culturale raggiunto.


Il nostro impegno come Democratici di Sinistra

All’interno di questa azione, come DS e come Ulivo dobbiamo promuovere un Patto con il mondo della ricerca, con i suoi protagonisti per la salvaguardia delle loro aspirazioni e dei livelli di competizione , proponendo al contempo un grande sforzo civile di alfabetizzazione dei cittadini e delle cittadine.
Dobbiamo saldare un’idea di nuova competizione con un’idea di scienza al servizio della cittadinanza, del diritto alla conoscenza,alla comprensione e alla salute.
Occorre dunque segnare una doppia direttiva di marcia, lanciare due grandi segnali verso il mondo della ricerca e dell' impresa del biotech e verso i cittadini, in quanto consumatori da tutelare secondo il principio di precauzione caso per caso, informare, rendere partecipi e soggetti attivi.
Affrontare la paura del nuovo, che è naturale e legittima di fronte alle implicazioni dirompenti dell’utilizzo delle biotecnologie, tenere insieme sviluppo delle scienze, trasparenza e nuovo benessere con le prospettive imprenditoriali italiane (parte fondamentale per evitare la "colonizzazione" delle grandi multinazionali ) le parole d'ordine su cui caratterizzare una proposta politica immediata e sui cui presentarsi alle elezioni.

Come DS ci impegniamo a promuovere un grande Piano per lo Sviluppo del Biotech italiano, puntando su filiere strategiche per fare dell'Italia il centro delle politiche biotecnologiche europee nel Mediterraneo.

Ci impegniamo a sviluppare un Piano di finanziamenti, partenership, spin off accademici, agevolazioni fiscali per arrivare entro il 2003 alla nascita di almeno altre 150 imprese italiane del Biotech, raddoppiando il volume di mercato e soprattutto la presenza internazionale italiana entro tre anni.

Come DS ci impegniamo inoltre ad attuare una vera e propria opera di trasparenza e alfabetizzazione scientifica dei cittadini, riconoscendo ruoli, diritti e costituendo sedi autonome predisposte ad hoc.

In questo senso coniugando sviluppo della ricerca, trasparenza dei risultati e dei processi, informazione costante ed indipendente, proponiamo la costituzione presso la Presidenza del Consiglio di un apposito Osservatorio dei cittadini e dei consumatori sulle Biotecnologie, da affiancare e coordinare con la Commissione nazionale di Bioetica.

Un Osservatorio composto dalle associazioni dei consumatori dotato di strumenti di indagine ed inchiesta, con mezzi informativi specifici e strumenti di intervento sul versante dell'alfabetizzazione della popolazione.

Un Osservatorio composto inoltre da ricercatori e scienziati di chiara fama ed indipendenza che svolgano funzioni di raccordo e corretta informazione. Un Osservatorio infine in grado di incentivare, vigilare e promuovere la stipula di appositi Protocolli di Trasparenza tra centri di ricerca pubblici e privati, aziende e consumatori e parti sociali, dotato di risorse finanziarie atte ad informare dei possibili rischi ma soprattutto delle potenzialità delle scoperte scientifiche per aumentare la qualità della vita dei singoli, a partire dai più sfortunati.
 
Nota della redazione:
Stampa questa notizia e diffondila, sarà un aiuto concreto verso le persone più deboli e bisognose della solidarietà di tutti noi. E, forse, molti capiranno della differenza enorme che vi è con questa destra di Governo e la società italiana.

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