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IL LAVORO E LA SINISTRA


 
1) La sinistra italiana esce gravemente sconfitta dal confronto elettorale. Perde consensi e voti la sinistra che in questi anni ha avuto una importante responsabilità di governo, e quella di opposizione fondata sull’identità e sulla cultura di antagonismo sociale.
Quella italiana è oggi, in Europa, la sinistra con minor peso e consenso, la più divisa, la più incerta nei riferimenti sociali da assumere e rappresentare, nell’identità e nei programmi. E’ una sinistra che rischia il declino, ancor prima che sul piano del risultato elettorale, sul piano della cultura, dei valori e dei simboli e su quello dell’insediamento, dell’organizzazione, della comunicazione.
Questo giudizio va espresso con grande forza e rigore. E non solo perché dietro questo processo vi sono errori e responsabilità del gruppo dirigente che non vanno rimossi o taciuti, ma perché sottovalutare la realtà, proporsi una ricerca e un percorso di pura continuità, nell’attesa di un cambiamento di fase, non offrirebbe nessuna seria prospettiva di fuoriuscita dalla crisi e finirebbe per rendere via via più irrilevante il ruolo e la funzione della sinistra nella nuova situazione.
L’Italia –e l’Europa- hanno invece bisogno di una sinistra autorevole, plurale, in grado di definirsi –insieme con le altre forze dell’Ulivo- attraverso un compiuto progetto politico e sociale: un progetto che abbia l’ambizione di realizzare il governo delle trasformazioni attraverso un modello forte di coesione sociale. Un progetto fondato sul rapporto tra difesa delle libertà individuali ed estensione dei diritti, a partire da quelli di cittadinanza; tra assunzione del principio della responsabilità della scelta e l’obiettivo dell’eguaglianza delle possibilità e dei diversi percorsi di autonomia e conoscenza.
Una sinistra di governo, socialista e democratica, moderna e rigorosa nelle proposte, deve essere insieme forte dei propri valori tradizionali e al tempo stesso capace di far vivere passioni, idee, impegno.

2) Il congresso dei Democratici di Sinistra ha quindi di fronte a sé una grande responsabilità: evitare il declino, indicare una svolta, fare crescere con la partecipazione democratica questo progetto, allargare, con gli altri soggetti sociali e politici della sinistra, l’orizzonte delle scelte comuni, ricostruire nei fatti un partito fortemente radicato e una sua vita partecipata e pienamente democratica. Tutto ciò rappresenta una grande opportunità che non può essere sprecata.
Per parte nostra, non intendiamo rassegnarci a questo declino, a una prospettiva residuale e subalterna delle forze, delle ragioni e della ispirazione storica della sinistra italiana, a partire da quella riformatrice e riformista in cui ritrovare, rimotivare o ricomporre le tante storie individuali e collettive, l’intelligenza, l’energia e la passione di molte cittadine e molti cittadini. E’ nostra convinzione che le ragioni sociali e politiche che hanno storicamente dato vita e forza alla sinistra non solo non sono esaurite, ma trovano, sia pure in forme diverse, nuovo fondamento nei processi sociali, tecnologici e produttivi del mondo di oggi.

3) Per dare sostanza, anima, identità al progetto –a cui molti dicono di concorrere e di aspirare, ma che pochi assumono come orizzonte di impegno e di fatica- si deve partire dal lavoro, da quel suo valore sociale che attraversa e percorre le molteplici identità dei lavori nel mondo contemporaneo, e che, negli interessi di parte, nelle percezioni collettive, nei simboli e nelle rappresentazioni, si tende a fare sparire, a ridurre, a relegare nell’inventario delle cose andate.
La modernità, o meglio l’innovazione, che per una forza di sinistra è una sfida continua, che si affronta sempre sulla base di un progetto, deve partire dal riconoscimento di questo valore, e delle sue soggettività concrete di uomini e donne, per darne riconoscibilità e rappresentanza politica compiuta.
Il lavoro resta uno dei fondamenti principali dell’identità delle persone e della cittadinanza.
Per una sinistra moderna, che vuole e deve rinnovarsi partendo dai valori antichi e sempre attuali di giustizia sociale ed emancipazione, di libertà e di eguaglianza, il progetto presuppone una scelta esplicita: innovare difendendo e qualificando i diritti, includere continuamente tutti coloro che vengono esclusi da uno sviluppo ineguale e senza regole; affermare la piena e buona occupazione a partire dal Mezzogiorno, dare risposte ai nuovi e vecchi bisogni di donne e uomini; aiutare tutti nella propria autonomia, formazione, libertà di scelta. Nel lavoro e nella vita.
Se non si assume questo punto di vista, anche la sinistra finisce per avere come riferimento di fondo i concetti di competizione e mercato intesi come fini e come tali sovraordinati rispetto ai diritti, alla dignità e alla libertà eguale delle persone, dei cittadini, dei lavoratori e delle lavoratrici.

4) Tutte le più rilevanti questioni aperte di fronte alla società, agli Stati, alle istituzioni e alle comunità del mondo odierno, e per quello che ci riguarda, aperte di fronte agli indirizzi dell’azione del nuovo governo del paese, possono essere affrontate secondo due orientamenti fra loro alternativi.
Negli scenari globali, anche sulla spinta di molte persone, organizzazioni e movimenti, l’alternativa è chiara: riformare sedi, istituzioni e strumenti di regolazione del mercato mondiale; costruire una nuova legittimazione democratica e una diversa responsabilità pubblica, assumere finalità e obiettivi condivisi, socialmente ed ambientalmente sostenibili. Se, invece, la scelta è quella di lasciar fare, senza sedi e principi di regolazione, il risultato sarà quello di allargare ulteriormente la forbice di reddito e di condizione tra paesi ricchi e paesi poveri, e di arrecare danni irreversibili all’intero pianeta.
Nella dimensione europea, dopo i risultati ottenuti a Lisbona e a Nizza, la responsabilità degli atti da compiere ha la medesima nettezza: da un lato, la via che porta alla Costituzione e alla riforma compiuta dell’assetto istituzionale europeo, dall’altro, il percorso inverso che ha come fine il ritorno del principio di nazionalità e ispirato da quelle culture caratterizzate dal nazionalismo, dall’intolleranza, dai diritti differenziati.
Anche per quanto attiene alle scelte aperte di fronte al futuro del paese, le prospettive si pongono nei termini di opzioni o politiche alternative.
Nel campo della politica economica, dopo gli anni del risanamento dei conti pubblici e l’ingresso nell’Euro, solo una grande ricollocazione qualitativa dei servizi e dei beni prodotti, della ricerca e della formazione, delle reti e delle infrastrutture, lo sviluppo e la diffusione dei saperi, può evitare al paese di scivolare lungo l’asse di un lento ma inarrestabile declino, e al Mezzogiorno di restare permanentemente indietro. Destino che non viene evitato da una politica di competizione basata prevalentemente sui costi e sulla riduzione dei diritti e delle tutele di chi lavora, cioè su una via bassa dello sviluppo.
Nelle politiche sociali, è proprio l’allargamento delle insicurezze, la precarietà dei percorsi lavorativi e la prospettiva di società multiculturali sempre più aperte, nonché i processi di invecchiamento demografico, a richiedere un rinnovato e qualificato sistema di welfare, inteso come strumento di redistribuzione (non solo materiale) e di garanzia di cittadinanza attiva, e di condizione di uno sviluppo basato sulla qualità sociale. La scelta opposta, la progressiva riduzione della sua universalità e la sua sostituzione con un sistema di protezioni individuali fondato sul principio assicurativo, si dimostra inefficace, più costosa e fortemente discriminatoria. Nel nome della libertà, questa scelta finisce per cancellare le libertà dei più. E in modo particolare quella dei giovani.
Nella politica e cultura dei diritti civili, sociali e del lavoro, infine, e nelle differenti ipotesi di riforma dello Stato, al di là del confronto dei modelli formali e dei legittimi orientamenti culturali, etici ed ideali presenti, la scelta al dunque si connette al fondamento e alla titolarità del diritto. Se questo non viene riconosciuto alla singola persona, alla singola donna e al singolo cittadino, con uno Stato laico garante attivo di universalità ed eguaglianza del diritto, si opera un rovesciamento di funzioni tra cittadini e stato e si apre un conflitto permanente tra cittadini.
Nel lavoro, la teoria dei diritti a geometria variabile (che si ritrova nella discussione sulla flessibilità in uscita, nell’idea dei doppi regimi o dei differenziali retributivi per territori) –e che non ha nulla a che fare con l’esigenza di differenti modalità di esercizio dei diritti- rende inefficace e senza sostanza ogni forma di tutela: e porta a un’idea di lavoro senza dignità e senza responsabilità.
Lo stesso valore strategico che assume oggi la formazione, la formazione continua, come flessibilità positiva che accompagna la vita lavorativa, può, al di fuori di una corretta impostazione, perdere di significato e ridursi a mera copertura di processi di precarizzazione del lavoro.
5) Dopo la sconfitta del 13 maggio, è evidente che un progetto di questo segno –che parte dal programma elettorale dell’Ulivo e ne rende più esplicite le scelte di fondo- vive innanzitutto nei comportamenti di opposizione parlamentare; una funzione democratica alta importante se esercitata con rigore, con coerenza, con l’unità dello schieramento di centro-sinistra.
L’unità e il rafforzamento dell’Ulivo è condizione essenziale di questa prospettiva. Una sola voce, una sola posizione, non è solo l’esigenza di questa fase di lavoro parlamentare, ma anche il valore strategico da sostenere, sulla base di una riflessione critica sugli errori compiuti in questi anni.
D’altra parte non bisogna avere illusioni. Il governo –come già ha cominciato a fare, malgrado le sue contraddizioni interne- procede lungo la strada di demolizione delle riforme realizzate nella passata legislatura e di quelle collegate all’esercizio dei diritti individuali; sceglie una politica fiscale e distributiva prevalentemente orientata agli interessi dell’impresa: non ha un’idea di qualità dello sviluppo (e per questo non incrocia una parte importante e innovativa di imprenditori); pensa a una revisione della prima parte della Costituzione, e ad una ipotesi di federalismo non solidale e non cooperativo, che può essere aiutata dal tentativo di superare il contratto nazionale, e quando opererà nei confronti dei ceti più deboli, lo farà senza un quadro di equità, finendo in una logica populistica e di assistenzialismo. Ripropone un’idea di flessibilità del lavoro senza regole, uno sviluppo del paese a due velocità.
Anche nelle responsabilità di politica internazionale –malgrado gli accorgimenti presi- il governo avrà un profilo europeo diverso da quello tenuto nella passata legislatura, risentirà di più degli interessi delle grandi imprese e probabilmente non avrà un autonomo punto di vista nelle questioni mediterranee e mediorientali.
6) Anche alla luce di queste considerazioni, che non sono di quadro appunto perché richiamano compiti e problemi da affrontare con urgenza, il Congresso dei Democratici di Sinistra si svolgerà nel pieno del confronto sulla legge finanziaria e delle scelte in materia di riforma dello Stato.
Proprio questa contemporaneità di scenario, rende ancora più urgente l’assunzione del valore sociale del lavoro, in tutte le sue articolazioni, come elemento centrale dell’identità dei Democratici di Sinistra.
Noi non abbiamo alcuna idea riduttiva o autosufficiente del lavoro nella sua forma di lavoro dipendente, e sappiamo bene distinguere tra un lavoro che può avere alti contenuti di autonomia, anche se dipendente, e un lavoro autonomo formalmente ma non nella sostanza. Come non ci sfugge la crescita di attività individuali di diverso segno, la spinta di molti a farsi imprenditori, lo sviluppo dell’economia sociale e di quella no-profit.
Ma contrapporre questi processi, questi interessi e queste persone (anche sotto il profilo dei rapporti intergenerazionali) al valore sociale del lavoro, che percorre, negli avvicendamenti dei cicli, la vita dei giovani e delle persone anziane, è un errore.
Come è un errore non cogliere il rapporto che lega l’affermazione di questo valore e la domanda di autonomia, partecipazione e democrazia dei lavoratori, che devono vedere riconosciuto l’esercizio e l’esigibilità del fondamentale diritto di validazione degli accordi che li riguardano.
Questa, quindi, è la domanda di fondo a cui rispondere: quale responsabilità e rappresentanza politica i Democratici di Sinistra intendono assumere verso le ragioni del lavoro, dei percorsi concreti di chi lavora, di chi, giovane o meno, ne reclama il diritto o la possibilità, di chi, anziano vuole sempre più per sé una vita attiva e uguale dignità? Quale rappresentanza diretta, quale radicamento sociale, professionale, aziendale, territoriale?
Anche i Democratici di Sinistra devono avvertire il diritto-dovere, e la responsabilità, di promuovere e sostenere scelte politiche in grado di dare forza alle ragioni e ai valori della confederalità, che può essere messa in discussione da comportamenti di segno corporativo, populistico, illiberale.
La discussione che nei Democratici di Sinistra si è aperta dopo il voto, le analisi operate sui mille perché della sconfitta e i tentativi di proporre plausibili e convincenti percorsi di lavoro politico sono troppo generali per una reale svolta di indirizzi e di insediamento e restano per questo al di qua di una efficace risposta alle domande.
Per quello che è ancora il partito più grande della sinistra italiana, il tema, però, non può essere eluso, e va affrontato con un limpido, democratico e rigoroso confronto di posizioni.
 
Nota della redazione:
Stampa questa notizia e diffondila, sarà un aiuto concreto verso le persone più deboli e bisognose della solidarietà di tutti noi. E, forse, molti capiranno della differenza enorme che vi è con questa destra di Governo e la società italiana.

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